RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Diaz irae

Genova, 14 novembre 2008

DIAZ IRAE
Ida Dominijanni

Il passaggio del testimone, fra la generazione politica massacrata sul nascere a Genova nel 2001 e quella che oggi torna in piazza per difendere l'istruzione pubblica, è affidato alla memoria politica e non alle aule di giustizia. Sarebbe però competenza delle aule di giustizia rendere la memoria politica il più possibile serena, sgombrando il campo da sospetti, detriti, conti in sospeso, ansie di vendetta. Competeva infatti alle aule di giustizia del tribunale di Genova sgombrare il campo dal sospetto che, nella democrazia costituzionale italiana, «la più grande sospensione dei diritti umani verificatasi in Europa dopo la seconda guerra mondiale», come Amnesty International ha definito il massacro nella scuola Diaz, potesse restare impunita, o essere trattata con troppa indulgenza. E che in futuro possa dunque ripetersi, confidando di restare impunita o di essere trattata con la stessa indulgenza.
Il tribunale di Genova non l'ha fatto. La sentenza sul massacro alla Diaz non rende giustizia alle vittime e non getta nel discredito i carnefici. Il campo non è sgombro, la memoria politica è inquinata. E quel massacro è autorizzato a ripetersi, come quell'altro del giorno dopo alla caserma di Bolzaneto, oggetto della stessa indulgenza nella sentenza del luglio scorso.
Al tribunale di Genova non mancavano le prove necessarie per concludere più decentemente un processo durato tre anni e duecento udienze. Della vergognosa sequela di menzogne infilata una dietro l'altra dai vertici della polizia per giustificare il suo delinquenziale blitz notturno sui ragazzi inermi, non una era stata confermata nel processo. Non c'era stata nessuna pattuglia assaltata dai manifestanti in via Cesare Battisti, come la polizia aveva scritto e sottoscritto. Non ci fu, nella scuola invasa dai poliziotti, nessuna resistenza armata di spranghe bastoni e catene da parte dei ragazzi. Non c'era, in quella scuola, nessuna molotov pronta per l'uso dei manifestanti: fu la polizia a portarcene due, per giustificare il massacro a cose fatte.
Ostacolato dai grandi accusati, che nello stile della viltà di Stato si sono sottratti al dibattimento, impossibilitato a dare un nome ai volti della maggior parte degli agenti coinvolti, il tribunale di Genova avrebbe dovuto fare una sola cosa: punire i vertici della polizia, che invece hanno un volto e un nome. Francesco Gratteri, Giovanni Luperi, Gilberto Calderozzi, nel frattempo promossi come si conviene ai galantuomini ad alto incarico, cioè rispettivamente a direttore dell' anticrimine, a dirigente dell'intelligence, a capo dello Sco. E Spartaco Mortola e altri con loro. E dietro di loro, la sagoma dell'intoccabile Giovanni De Gennaro.
Il tribunale di Genova ha preferito siglare, coprire, derubricare quella vergognosa sequela di menzogne, tolta quella delle molotov ormai palesata urbi et orbi dall'inchiesta della Bbc anticipata l'altro ieri, limitandosi a punire con la modica quantità di tre e due anni di carcere Pietro Troiani e Michele Burgio, i due zelanti agenti che per l'appunto si occuparono di portare nella scuola le due molotov e di attribuirne il possesso ai ragazzi, con quattro anni Vincenzo Canterini, capo del reparto che si distinse nel massacro, con due Michelangelo Fournier, il suo vice che in extremis ammise, nel processo, che sì, alla Diaz c'era stata «una macelleria messicana». E con altri spiccioli altri nove agenti. Tredici mele marce. Sedici assolti. Trentacinque anni e sette mesi di carcere in tutto, contro i centootto chiesti dall'accusa.
L'onore della polizia di Stato è salvo. Quello del governo Berlusconi, responsabile politico della mattanza del 2001, anche. L'opposizione abbozzerà, come ha già fatto per Bolzaneto. Lo Stato di diritto, che nelle stesse ore di ieri si affermava con la sentenza sul caso Englaro, di fronte ai celerini si è autosospeso. Le chiacchiere da talk show sulla legalità delle occupazioni universitarie e dintorni vengano per decenza sospese di conseguenza. Per il giudizio politico, resta il tribunale della storia.